
Sono le 7:30 di mattina al civico 31 di Via Giuseppe Chiovenda, l’orario in cui è stato dichiarato l’arrivo dell’ufficiale giudiziario con tanto di forza pubblica, per eseguire lo sfratto di una delle tante persone che abitano occupando alcuni degli 8000 appartamenti lasciati sfitti dalla fondazione Enasarco, nota associazione commerciale romana attualmente a rischio commissariamento e con un largo patrimonio immobiliare dismesso.
L’intenzione è quella di gettare in mezzo alla strada una madre con due figli di 10 e 12 anni, senza proporre soluzioni alternative, dopo 7 anni di occupazione nell’appartamento e di conseguente radicamento nel quartiere, con i propri affetti ed amicizie ormai consolidate. Rapporti che hanno creato una rete solidale che difatti non si è fatta attendere nel radunarsi in un picchetto per impedire lo sfratto, con il supporto di vari compagni e compagne, degli inquilini affini e del movimento romano per il diritto alla casa.
Sono ormai le 10, e con un larghissimo ritardo si presentano due membri delle forze dell’ordine, un delegato dell’Enasarco e l’ufficiale, ma si ritrovano ad affrontare un presidio ben determinato, nonché ben partecipato (siamo nell’ordine delle quaranta/cinquanta persone), e subito avviene un confronto verbale con la signora circondata dai propri familiari che non esita a gridare tutta la sua frustrazione in faccia al funzionario, mentre intorno si può palpare la tensione della folla verso le guardie ed il delegato dell’ente. Il tutto avviene fuori dai cancelli del complesso di palazzine, di fronte ad un edicola e ad un bar molto frequentato nella parte opposta della strada.
Come conseguenza della situazione, il picchetto si fonde con gli umori degli abitanti del quartiere, che si ritrovano di fronte la scena e iniziano a farsi sentire. “Sfrattate i poveracci in questo periodo difficile, che schifo”, “andatevene via”. Alcuni sembrano molto accalorati verso l’inviato dell’Enasarco: “avete lasciato migliaia di appartamenti vuoti”, “maledetti palazzinari” e più si dà sfogo alla rabbia più questa sale, tant’è che anche le forze dell’ordine decidono di restare qualche passo indietro. Ma a smorzare la situazione c’è l’agire composto dell’avvocato che segue la situazione della signora, e che interviene impugnando quello che probabilmente diventerà un grosso precedente giuridico in Italia, e cioè un atto ufficiale emesso dall’ONU in cui si esige la sospensione dello sfratto, in quanto verrebbero violati i trattati sui diritti umani ai quali anche l’Italia ha sottoscritto.
In ogni caso la situazione resta ancora confusa, e il confronto tra la signora e l’ufficiale giudiziario diventa molto livoroso (“io sono 7 anni che abito qui dentro”, “embè so pure troppi”). Dopo l’alterco la signora ha un malore, rendendo necessario l’intervento del 118. Nell’attesa dell’ambulanza viene portata da alcuni solidali nel giardino del palazzo, lontana dalla situazione di tensione sempre più crescente tra il picchetto e i suoi nemici, in cui continuano a volare ingiurie da entrambe le parti e si susseguono momenti di litigio sempre più densi.
All’arrivo dei sanitari i due agenti di polizia ne approfittano per seguirli ed oltrepassare i cancelli della palazzina, fino ad arrivare di fronte alla scala dove la signora dimora e dove stava ricevendo aiuto dai solidali del picchetto. Sembra quasi che le guardie vogliano cogliere l’occasione per introdursi nella scala, ma il presidio coglie la situazione al volo e qualcuno si schiera a muro di fronte alle porte del palazzo: niente da fare per la polizia, gli tocca retrocedere.
L’ambulanza è ormai andata via, avvengono le ultime disquisizioni tra l’avvocato e l’ufficiale giudiziario ed il verdetto finale regala alla famiglia e ai solidali una piccola grande vittoria: lo sfratto viene rinviato al 3 dicembre. Risultato da non sottovalutare, visto che non è il primo: questa è in realtà la seconda volta che lo stesso sfratto viene rinviato, sempre grazie a un presidio avvenuto quest’estate, meno risonante mediaticamente ma comunque ben riuscito.
Noi ci auguriamo che si continui su questa via: che sempre più sfratti vengano ostruiti dalla determinazione di chi si oppone lottando alla speculazione immobiliare, e che sugli interessi dei palazzinari, dei rappresentanti di commercio e del Capitale prevalgano non tanto le astrazioni giuridiche sul diritto umano all’abitare dell’ONU, quanto l’affermazione fisica della forza nella lotta proletaria per l’abitare.
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